A seguito dell’entrata in vigore del nuovo Decreto Legislativo 209/23, che disciplina le agevolazioni fiscali per i lavoratori impatriati, facciamo alcune nostre considerazioni preliminari.
Categorie di redditi agevolabili
Restano inclusi i redditi da lavoro dipendente e assimilati. I redditi di lavoro autonomo sono agevolati solo se derivano da arti e professioni mentre viene escluso il reddito d’impresa individuale.
I redditi devono essere prodotti in Italia. Viene poi ulteriormente specificato che l’attività lavorativa deve essere prestata prevalentemente nel territorio dello Stato in continuità con la norma precedente.
Requisiti personali
Il periodo di residenza estero richiesto sale da due a tre anni. Nel caso di trasferimenti infragruppo, il requisito sale fino a sei o sette anni (come evidenziato da noi più volte, sarebbe stato molto più semplice incrementare il requisito di residenza estera senza introdurre regole complicate e difficili da monitorare).
La residenza fiscale estera è un requisito chiave e resta ancorato all’Art. 2 del TUIR, che viene peraltro riformulato dallo stesso d.lgs., con l’art 1. La mancata iscrizione Aire non permette di beneficiare in modo lineare, in quanto genera un’inversione dell’onere della prova della residenza fiscale a carico del contribuente.
E’ richiesto il possesso di requisiti di qualificazione o specializzazione, come definiti dal decreto legislativo 28 giugno 2012 (qualificazione), n. 108 e dal decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206. Tali requisiti si applicano anche ai soggetti che svolgono lavoro autonomo. Per quanto riguarda la qualificazione, il decreto prevede il possesso di un titolo di istruzione superiore conseguito con un corso almeno triennale e il possesso della relativa qualifica professionale superiore. In aggiunta sono richiesti requisiti specifici per le professioni regolamentate.
Permanenza in Italia
E richiesta per quattro anni fiscali, a pena di decadenza con restituzione dell’agevolazione più interessi (aspetto che riteniamo totalmente controproducente rispetto alla finalità attrattiva della norma).
Entrata in vigore
Le nuove disposizioni si applicano a chi trasferisce la residenza fiscale a partire dal 2024, mentre per i beneficiari correnti non ci sono impatti e vengono preservate le vecchie norme, anche per i periodi d’imposta che vanno oltre il 31 dicembre 2023. E’ prevista una salvaguardia per chi si è iscritto all’anagrafe entro il 31 dicembre 2023: in questo caso troveranno applicazione le vecchie regole. Ci sono diverse criticità in merito a questa disposizione: innanzitutto i soggetti non iscritti all’Aire rischiano di essere esclusi, così pure i cittadini extra-UE che per potersi iscrivere necessitano di un visto.
Punti che necessitano di un chiarimento
1) Ci chiediamo se serva una conferma che chi si è iscritto all’anagrafe entro il 31 dicembre 2023 ma che poi inizierà a lavorare in un secondo momento, nel 2024, potrà ugualmente beneficiare delle vecchie norme. Non ci sono motivi per pensare che non sia così ma siamo abituati alle possibili interpretazioni restrittive. In seconda battuta andrebbe chiarito se una richiesta di visto possa essere considerata alla stregua di una iscrizione anagrafica, pur in assenza dell’esito definitivo. Analogamente andrebbe chiarito se una domanda (in qualunque forma) di iscrizione alle liste anagrafiche sia sufficiente o se invece sia necessaria la conferma da parte del Comune dell’avvenuta iscrizione alle liste anagrafiche.
2) Il precedente regime prevedeva la possibilità di godere delle agevolazioni in caso di lavoro remoto dall’Italia per un datore straniero, seppure con alcune complessità da gestire per gli aspetti fiscali e previdenziali che richiedevano l’intervento di un fiscalista o EOR. Nell’attuale regime c’è un espresso divieto di poter beneficiare se non si cambia datore, fatti salvo alcuni casi particolari che prevedono un periodo di permanenza all’estero che va dai sei ai sette anni. È auspicabile che almeno per questi casi particolari non siano poste limitazioni alla possibilità di diventare un beneficiario pur lavorando alle dipendenze di un datore straniero in modalità remota dall’Italia. Inoltre, riteniamo che non dovrebbero essere poste limitazioni per quanto riguarda i lavoratori autonomi se il committente o i committenti abituali rimangono gli stessi.
3) Con riferimento al limite annuo di 600.000 Euro, viene specificato che si tratta di un limite annuo ma rimarrebbe da chiarire, per non generare incertezze, cosa accada se venisse sforato ossia se gli effetti saranno solo sul reddito marginale o totale annuo, o complessivo.
È inoltre pressoché certo che nei prossimi mesi l’Agenzia delle Entrate pubblicherà una circolare interpretativa sul nuovo decreto legislativo, potrebbero quindi emergere ulteriori novità.